“In ogni caso ho sempre pensato che se lo spirito di Dio aleggiava sopra la faccia dell’acqua, l’acqua non poteva non rifletterlo. Da qui il mio debole per l’acqua, per le sue pieghe, rughe, increspature e – poiché sono un nordico – per il suo grigiore. Penso, molto semplicemente, che l’acqua sia l’immagine del tempo, e la notte di Capodanno, con un gusto un po’ pagano, cerco sempre di trovarmi vicino all’acqua, possibilmente davanti a un mare o a un oceano, per assistere all’affiorare di una nuova porzione, di un’altra tazza di tempo.” Così parla Iosif Brodskij dell’acqua, nel suo “Fondamenta degli Incurabili”. Per il poeta russo, naturalizzato americano, l’acqua è una forma condensata del tempo. E come non può essere così, vista la vastità e l’infinito del mare stesso.
Composto esclusivamente di fronte al mare, “Profluvio” è una riflessione sullo scorrere inesorabile delle onde, che continua ad andare avanti nonostante tutto. E chi se non Brodskij è il miglior interprete di questo pensiero. All’interno di II e III, rispettivamente, sono presenti due sue poesie: “Лагуна” e “Одиссей Телемаку”. Il termine “laguna” stesso rappresenta una terrificante e sinistra distesa d’acqua stagnante, ostile alla vita umana. Nella poesia abbondano le immagini della natura, associate particolarmente all’acqua e al vento, e sono tutte portatrici di una simbologia di morte. Il focus della prima strofa della poesia è che la vita è una nave alla deriva, in balia del mare. L’immagine dell’universo, o della vita, come nave può avere un doppio significato: suggerisce l’idea di una nave alla deriva sul mare, ma anche quella di una navicella spaziale che fluttua nel mare dello spazio. Non è possibile scendere dalla nave che si trova in mezzo al mare - si annegherebbe; allo stesso modo non è possibile uscire nello spazio dalla navicella – si soffocherebbe per mancanza d’ossigeno. In ogni caso la morte sarebbe provocata dall’impossibilità di respirare.
«и мозг уже сбивается, считая волны, глаз, засорённый горизонтом, плачет, и водяное мясо застит слух»
(lett.: «e la mente si perde nel contare le onde, l’occhio, saturo di orizzonte, piange, e l’acquea carne priva dell’udito)
“Odisseo a Telemaco”, letta dallo stesso Brodskij, è ancora più pessimista. La metafora della mente che si perde nel contare il numero delle onde sta a significare che la mente di Odisseo non è più in grado di contare i giorni, gli anni e il tempo già trascorsi, perché sono troppi. Il lungo lasso di tempo intercorso ha privato Odisseo della capacità di orientarsi nel computo del tempo. L’onda è, dunque, l’unità di misura del tempo, è l’unità di misura cui fa riferimento un uomo costretto a un lungo peregrinare, in senso sia spaziale, sia temporale.
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